I giornalisti possono occuparsi di Media Literacy?

Giornale in mano, appunti e voglia di condividere il processo dell’informazione non bastano. Chiariamo insieme a Lidia Gattini, presidente di Mandragola Editrice Cooperativa  di giornalisti e Segretario generale di ML Foundation, alcuni punti essenziali per la corretta partecipazione dei giornalisti alla media literacy, partendo dal principio.

Quali sono le ragioni che spingono i giornalisti oggi ad occuparsi di media literacy?

Da sempre esiste uno stretto legame tra il giornalismo e la media literacy in tutto il mondo, fin dagli anni ’30 con il New York Times. L’idea alla base era quella di migliorare l’alfabetizzazione mediatica utilizzando il giornale come strumento educativo in classe ed è ciò che avviene ancora oggi come primo approccio. Basti pensare a come le edizioni digitali o cartacee possano essere utilizzate per affrontare l’attualità, la politica, le scienze e non solo. I media, i giornalisti e le loro organizzazioni e associazioni professionali sono individuati come stakeholder chiave nella promozione dell’alfabetizzazione mediatica dalla maggior parte degli studi che trattano l’argomento. Il ruolo principale dei giornalisti al giorno d’oggi è quello di fact-checking, controllo delle fonti. Le attività di verifica dei fatti iniziarono proprio dagli editori (all’epoca di giornali e riviste), probabilmente con l’idea di costruire principalmente la reputazione di una specifica azienda o redazione. Oggi gli editori e le organizzazioni di giornalisti stanno affrontando molte più sfide di prima e hanno bisogno di programmi di alfabetizzazione mediatica per almeno due ragioni: investire in lettori o spettatori futuri e responsabilizzare il pubblico a riconoscere giornalismo di qualità e professionale contro disinformazione, fake news e diversi tipi di manipolazione. Essenzialmente, per i giornalisti, si tratta di occuparsi dei lettori del futuro.

Che contributo possono dare i giornalisti alla media literacy?

Un contributo professionale e complementare all’insegnamento tradizionale che sviluppi consapevolezza e informazione di qualità: saranno gli stessi giornali trarre vantaggio dal rivolgersi a un pubblico alfabetizzato. Come recita la dichiarazione di Grünwald dell’UNESCO sull’educazione ai media “l’educazione ai media sarà più efficace quando genitori, insegnanti, personale dei media e responsabili delle decisioni riconoscono tutti di avere un ruolo da svolgere nello sviluppo di una maggiore consapevolezza critica tra ascoltatori, spettatori e lettori”.

Quali sono le sfide pedagogiche che affrontano i giornalisti entrando in classe? 

La sfida per noi è catturare l’attenzione degli allievi, renderli consapevoli di come funzionano i media e capaci di diventarne protagonista ma dal punto di vista delle sfide pedagogiche, abbiamo scelto di lavorare sempre a stretto contatto con gli insegnanti e proporre degli strumenti di educazione che mirassero soprattutto a un’attiva acquisizione di competenze e non solo all’apprendimento. Come Mandragola Editrice siamo pionieri in Italia e sono più di vent’anni che ci occupiamo di media literacy nelle scuole selezionando fra i suoi giornalisti i migliori, quelli che riescono anche a instaurare un rapporto di empatia con gli studenti e utilizzando un metodo che segue tutte le regole che gli studi di media literacy propongono: decodifica, lezioni sulle fonti e produzione con il metodo del learning by doing affiancati dai giornalisti-tutor. Abbiamo scelto di parlare dei giovani con i giovani, di affrontare la tematica dei nuovi media attraverso i media stessi; di accostare strumenti comunicativi tradizionali, quali il giornale, a quelli di ultima generazione offerti dalla rete. Ci siamo dunque avvalsi come strumento educativo dell’oggetto stesso da indagare, al fine di trasmettere il messaggio chiave dell’intero percorso: qualunque oggetto può essere considerato un’arma pericolosa od un utile strumento in funzione della conoscenza e della consapevolezza d’uso che se ne ha.

È vero secondo te l’assunto che più informati sono i cittadini, maggiore è la qualità del giornalismo? 

Una persona che conosce i media – tutti dovrebbero avere l’opportunità di farlo – può decodificare, valutare, analizzare e produrre sia supporti cartacei che elettronici. L’obiettivo fondamentale dell’alfabetizzazione mediatica è l’autonomia critica in relazione a tutti i media; quindi i cittadini stessi, alfabetizzati ai media, stimolano la crescita della qualità complessiva del sistema. È una spinta a rendere i media responsabili nei confronti dei sui fruitori e serve anche ai media come una forma di feedback da parte del pubblico.